The Addiction. La dipendenza, perché questo è il sangue per i vampiri, una droga che impedisce il discernimento tra bene e male, che ti costringe a una filosofi a nichilista perché ti disumanizza e allo stesso tempo ti porta a cercare, proprio nei colli altrui, l’umanità perduta. Perché, parliamoci chiaro, la vita eterna non vale l’anima, è una vecchia regola mai smentita. Lo sa bene il regista “re di New York” che qui con il sodale St. John scrive forse il suo manifesto artistico e spirituale più spudorato e violentemente didattico, dove i comandamenti di chi è perduto e in cerca di redenzione – Lily Collins prima è l’untrice, poi con Walken cerca controllo e catarsi – sono aforismi impietosi. Perché puoi anche diventare un mostro, ma che non si scordi nessuno che i vampiri sono altri, girano impuniti ovunque nel nostro mondo. E forse anche per questo, più che per le scene di violenza, rese quasi pittoriche dal bianco e nero, che The Addiction è stato molto discusso e ha fatto molta paura.